L’Osservatorio del Politecnico di Milano ci offre una definizione esaustiva di smart working: “una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità ed autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Questo nuovo modo di lavorare è diffuso in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, riduce gli spazi negli uffici, evita gli spostamenti da casa e offre una modalità di lavoro più comoda e flessibile.
E in Europa? Anche Grecia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Portogallo e Germania prevedono lo smart working. In coda arriva anche il Bel Paese che aderisce formalmente a questo nuovo paradigma da qualche anno con la legge n. 81 del 22.05.2017, in vigore dal 14 giugno 2017, che all’articolo 18 recita:
“[…] allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.”
Nonostante si sia portati a pensare il contrario, lo smart working non è una concessione dell’azienda a favore del lavoratore, non si tratta solo di “fiducia” ma di affacciarsi a un nuovo paradigma e di cogliere una grande opportunità sia per le organizzazioni sia per i lavoratori.
Smart Working, un progetto in crescita
I benefici sono molteplici, l’Osservatorio del Politecnico di Milano sottolinea come i lavoratori coinvolti in progetti di lavoro agile abbiano:
- risparmiato mediamente 176 ore all’anno per gli spostamenti,
- guadagnato tempo per potersi occupare dei propri interessi.
Non solo i dipendenti, anche aziende che applicano costantemente lo smart working hanno goduto di importanti vantaggi:
- incremento della produttività di circa il 20%,
- risparmio dei costi di gestione degli spazi degli uffici fino al 30%.
PMI e Grandi Aziende
I dati sono rassicuranti ma, il percorso è ancora lungo. Tra le PMI vi è uno scarso interesse dovuto alla mancata conoscenza dei vantaggi che questo modello di lavoro può generare, infatti, la diffusione dello smart working è ferma al 5% del 2015.
Sono le grandi organizzazioni (il 40%), invece, ad investire nei progetti smart working ottenendo risultati positivi. Tuttavia solo nel 25% dei casi viene considerato a regime e il 35% ha una sperimentazione su un limitato numero di persone. Il 97% delle organizzazioni che prevedono di introdurre in futuro il lavoro agile sta conducendo un’analisi di fattibilita?.
Gli effetti positivi dello Smart Working
Dall’analisi dell’Osservatorio Smart Working emerge come i lavoratori agili siano decisamente più soddisfatti rispetto alla media dei lavoratori tradizionali in merito a carriera e crescita professionale, smentendo così tutti i timori alcuni timori legati all’applicazione di questo modello.
Il 41% dei lavoratori intervistati valuta eccellente la propria capacita? di sviluppare abilita? e conoscenze propedeutiche a un’evoluzione professionale. Gli intervistati rivelano impressioni positive anche in merito al lavoro svolto e alle competenze acquisite. Appare chiaro come lo smart working abbia un effetto positivo concreto sull’engagement delle persone, contribuendo positivamente alla definizione del clima lavorativo e alla soddisfazione professionale individuale.
Vantaggi anche per l’occupazione femminile
Sono le donne a esprimere un livello di soddisfazione maggiore (del 35%) rispetto alle lavoratrici tradizionali. Infatti, gli smart worker sono più soddisfatti della media nella capacita? di gestire la vita professionale e privata: il 35% e? molto soddisfatto di come riesce a organizzare il proprio tempo (rispetto al 15% di media) e il 29% riesce sempre a conciliare le esigenze personali e professionali (rispetto al 15% di media).
Questi dati fanno riflettere, soprattutto in una realtà come Coopservice che vede il 59% dei 15.500 dipendenti donna (di cui il 22% dei quadri e il 60% degli impiegati). Il benessere della componente femminile è una delle priorità di Coopservice che sostiene continuamente politiche di inclusione e progetti con con associazioni come ValoreD, D.i.RE Donne in Rete contro la Violenza, Rose di Seta.