Dimmi chi sei ChatGPT
Visto il lavoro che fa, una delle soluzioni più semplici è chiederlo direttamente a lui. Quindi dimmi chi sei ChatGPT: “Sono un generatore di linguaggio scritto, un modello di Deep Learning addestrato su enormi quantità di dati tra cui libri, articoli di notizie, pagine web e conversazioni umane, e vengo utilizzato per creare testo in modo autonomo in risposta a domande e richieste di conversazione”. Così, scomponendo per blocchi la sua ‘confessione’, possiamo capire di che cosa si tratta per poi provare ad intuirne la potenziale portata.
I chatbot fanno ormai parte del nostro quotidiano
Il punto da cui partire è che si tratta di un chatbot, ovvero un software progettato per simulare una conversazione e rispondere rapidamente a domande precise, consentendoci di interagire con i dispositivi digitali come se avessimo a che fare con una persona reale. Non è di certo l’unico chatbot esistente, né si tratta di una novità sconvolgente visto che, spesso anche senza saperlo, abbiamo da tempo a che fare con i chatbot. Ad esempio, quando visitiamo un sito e una finestra ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto oppure quando riceviamo risposte dal nostro assistente digitale.
La nuova frontiera dei chatbot conversazionali
Con ChatGPT siamo però ben oltre la frontiera dei chatbot di uso ormai comune, dedicati alla esecuzione di una specifica attività, in grado di fornire risposte a domande predefinite su determinati argomenti e per questo motivo impiegati per lo più in funzioni ripetitive di assistenza e di servizio. Con GPT siamo invece pienamente nel campo dei chatbot cosiddetti ‘di conversazione’, una delle applicazioni più interessanti dell’intelligenza artificiale (AI). Se il chatbot come l’abbiamo conosciuto fin ad oggi è uno strumento ‘ingessato’, quello di conversazione è invece interattivo e personalizzato aggiornandosi (e quindi ‘apprendendo’) continuamente in base al flusso di informazioni con cui viene alimentato.
Il Machine Learning dell’Intelligenza Artificiale (AI)
Il salto è enorme: il chatbot tradizionale si limita sostanzialmente a simulare il linguaggio umano. E il compito del programmatore è quello di scrivere dettagliate righe di codice per istruire la macchina su cosa fare situazione per situazione. I chatbot di conversazione ricorrono invece a piene mani al machine learning, ovvero all’apprendimento automatico reso possibile dallo sviluppo dei due principali elementi su cui si fondano le tecniche di intelligenza artificiale: l’enorme quantità di dati disponibili e l’incremento esponenziale della capacità di calcolo fondata su sofisticati algoritmi.
L’anello profondo dell’AI: il Deep Learning
Grazie al machine learning, infatti, i sistemi informatici diventano in grado di apprendere dall’esperienza, con un meccanismo simile a ciò che un essere umano compie nel suo percorso di vita. I sistemi più evoluti, in particolare, fanno ricorso al ramo più avanzato del machine learning, il ‘deep learning’, termine con il quale si indicano tecniche di creazione di reti neurali artificiali che simulano il comportamento del cervello. Si tratta di reti virtuali organizzate in diversi strati, in cui ognuno di essi calcola valori e combinazioni per quello successivo, così da elaborare l’informazione per livelli successivi e quindi in maniera sempre più completa.
Come l’AI simula l’apprendimento del cervello umano
E proprio qui sta il salto di qualità: a differenza dei chatbot tradizionali che dipendono dalle combinazioni scritte dal programmatore è l’algoritmo stesso a sviluppare una sua logica e conseguentemente a compiere determinate azioni, a seconda del set di dati a disposizione. Ciò significa che ‘nutrendo’ l’algoritmo con una quantità sufficiente di informazioni, il sistema è in grado di elaborarle autonomamente e di procedere continuamente con modalità di apprendimento automatico.
ChatGPT: risposte articolate e appropriate in 95 lingue
Ma se il machine learning e il deep learning con le loro infinite applicazioni costituiscono da tempo i settori più avanzati dell’AI, dove stanno specificatamente la vera novità e i motivi del successo di ChatGPT? Intanto in una serie di algoritmi di particolare complessità e sofisticazione che consentono di elaborare in pochi secondi una enorme quantità di dati (300 miliardi di parole raccolte da articoli di giornale, libri, conversazioni e siti web) e di fornire risposte appropriate su qualunque argomento, in 95 lingue. E i risultati, spesso sorprendenti per l’accuratezza della risposta, fanno presagire gli infiniti sviluppi a cui l’affinamento progressivo dello strumento può portare.
Oltre 100 milioni di utenti in 2 mesi
Poi la tempistica: la start-up californiana OpenAI è stata la prima a mettere a disposizione del pubblico un programma ‘di conversazione’ di facile uso che fornisce risposte decisamente migliori e soprattutto molto più immediatamente utilizzabili (essendo già state processate e tradotte in forma di linguaggio umano) dell’elenco documentale restituito da un motore di ricerca. Del resto, che si tratti di una innovazione di ‘impatto’ lo dimostra l’enorme successo che ha ottenuto in poche settimane di vita. ChatGPT è stato infatti lanciato il 30 novembre scorso: in appena 5 giorni ha superato il milione di utenti che in 2 mesi sono diventati 100 milioni, record assoluto per una app da quando esiste internet.
Semplicità e gratuità hanno giocato a favore di ChatGPT
Infine, la disponibilità e la semplicità. Elemento non secondario del successo planetario di GPT è infatti il suo utilizzo gratuito (si pagano 20€ al mese per una versione ulteriormente più evoluta e performante) e l’estrema facilità di accesso: per sperimentarlo bastano 2 minuti per iscriversi gratuitamente alla piattaforma chat.openai.com. Dopodiché si digita qualsiasi tipo di domanda e richiesta, ottenendo in pochi secondi risposte in genere pertinenti, scritte con linguaggio fluido e corretto, che danno quasi l’impressione che il software ‘ci capisca’ e comunque si sforzi di darci una risposta che arrivi a soddisfarci.
Una rivoluzione come l’iPhone?
Grazie all’enorme diffusione di GPTChat oggi un numero enorme di persone, aziende, organizzazioni sta toccando con mano i progressi compiuti dall’intelligenza artificiale e le sue infinite, possibili applicazioni e personalizzazioni. Non sono pochi del resto coloro che preconizzano per i chatbot conversazionali una innovazione epocale (‘The next big thing’) della stessa portata rivoluzionaria dell’iPhone che, nel 2007, fece da apripista al nuovo mondo degli smartphone. Non a caso tutte le principali Big Tech stanno investendo miliardi sulle tecnologie conversazionali e su progetti di AI, e la stessa Microsoft ha in programma di inserire GPT nel proprio pacchetto Office.
I limiti (e i pericoli) dei chatbot conversazionali
Se i vantaggi e le applicazioni possono essere dunque infiniti, quali sono invece i limiti e i potenziali pericoli? Un programma conversazionale rimane un software, e un software pur dialogante, garbato e competente, non ragiona da solo: elabora secondo le istruzioni date (algoritmo) quello che gli viene fornito (banche dati). Per fare un esempio, GPT, la cui versione gratuita è attualmente aggiornata al 2021, fornisce risposte sulla guerra in Ucraina che non tengono conto dell’invasione russa del febbraio 2022: è fermo all’annessione della Crimea. Questo fa capire come i dati di cui si nutre rappresentano un fattore di estrema delicatezza e criticità e chi li possiede (inevitabile l’accostamento ai Big Data delle big companies) e ha la possibilità di metterli in circolo è titolare di un potere destinato a crescere in modo smisurato nel tempo. Un potere che può assumere anche finalità manipolatorie sotto il controllo di un regime dittatoriale o nelle mani di potere occulti, rendendo possibili campagne di disinformazione di massa.
Il limite (augurabile) dell’AI
Una macchina rimane una macchina. Per quanto funzionante con algoritmi complessi e sofisticati, e con una spaventosa potenza di calcolo, una macchina lavora su commissione elaborando dati esistenti. Allo stato attuale ci sono dunque dubbi che l’evoluzione continua dell’AI porterà le macchine a sostituire la creatività e l’intelligenza ‘emotiva’ propria degli esseri umani. Di certo potrà semplificare la vita delle persone e aprire innumerevoli orizzonti di applicazione alle aziende e alle attività di servizio di qualsiasi settore. Ma per quanto in costante, infinita evoluzione, non è attualmente prevedibile che l’intelligenza artificiale possa mai arrivare ad essere una compiuta riproduzione del cervello umano. Il che non costituisce per forza un limite augurabile di essere superato.