La rinnovata attenzione per la valorizzazione della diversità di genere
Da ultimo è arrivato anche il PNRR, il Piano nazionale di ripresa post-Covid, che prevede l’attivazione di strategie di monitoraggio e certificazione per la compiuta attuazione della parità di genere.
Con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ad affermare che servono più donne nei posti apicali e che c’è bisogno della leadership femminile, non perché le donne siano necessariamente migliori degli uomini ma perché diverse.
Ora la considerazione che “la diversità e l’inclusione aiutano le performance organizzative” rappresenta un assunto cui, opportunamente, un numero crescente di persone attribuisce una validità generale. Che assume però particolare significato nel caso della diversità di genere in quanto viene generalmente riconosciuto che ‘una leadership al femminile’, essendo imperniata sulla capacità di condivisione e di ascolto, consente di promuovere al meglio aspetti considerati di sempre maggiore importanza nelle politiche manageriali e di gestione risorse umane quali la collaborazione, la conoscenza, il rispetto, l’empatia.
La crisi dei connotati tradizionali della leadership
A seguito della schiacciante prevalenza delle posizioni di potere ricoperte da uomini, le caratteristiche della leadership sono infatti tradizionalmente identificate con connotati abitualmente ricondotti all’universo ‘maschile’.
Tale è considerato ad esempio un approccio improntato al comando gerarchico, con atteggiamenti dove la razionalità fa premio sull’emotività, valorizzando il ‘distacco’ come qualità e portando un’attenzione pressoché esclusiva al raggiungimento del risultato.
‘Achievement’ diventa dunque la parola chiave, ma porta con sé un piccolo e non collaterale problema: non sempre, e sempre meno, la focalizzazione sul risultato si dimostra in grado di suscitare il coinvolgimento e la motivazione dei collaboratori. Una problematica, quest’ultima, emersa in modo ancora più evidente nel momento in cui le restrizioni pandemiche hanno imposto una nuova organizzazione del lavoro.
L’importanza del benessere organizzativo per le performance aziendali
È del resto sempre più riconosciuto, così come documentato da un numero crescente di analisi e studi, che nella contemporaneità tutto ciò che viene ricondotto sotto l’ombrello categoriale del ‘benessere organizzativo’ debba essere perseguito da ogni organizzazione e impresa quale orientamento strategico.
Questo perché è dimostrato che esiste un forte legame tra benessere, motivazione, soddisfazione e gli indicatori di produttività. Da qui la tendenza delle aziende ad incrementare gli investimenti e le azioni per migliorare il benessere dei dipendenti e per gestire fattori critici quali ad esempio lo stress e la paura del cambiamento.
Nella ricerca della qualità delle relazioni all’interno di una organizzazione assumono di conseguenza un valore sempre più decisivo aspetti quali l’aumento della motivazione, lo sviluppo e la condivisione di emozioni positive, così da favorire la creazione di un clima di coesione e fiducia che si riverbera positivamente sull’atteggiamento delle persone e conseguentemente sulle performance organizzative.
‘Leadership al femminile’ e competenza sociale
Ecco allora che si è ormai diffusa la consapevolezza della necessità di integrare la cultura tradizionale dominante della leadership con caratteristiche che, anche se in modo piuttosto stereotipato, si considerano più rintracciabili nell’identità femminile.
In virtù non tanto, o non solo, di qualità innate ma anche di attitudini che il ruolo sociale storicamente rivestito dalle donne ha consentito di sviluppare in modo più marcato: si pensi a tal proposito all’importanza e al portato del lavoro di cura, di cui nelle società occidentali le donne si sono sempre più occupate rispetto agli uomini.
Si sono così sedimentate competenze sociali e relazionali che hanno finito per essere attribuite quale know-how implicito dell’identità di genere e che, in ogni caso, possono portare valore aggiunto allo svolgimento di un ruolo organizzativo.
Le componenti della ‘leadership al femminile’
Quali sono dunque i tratti che caratterizzano una ‘leadership al femminile’? Predisposizione al dialogo, all’ascolto, all’immaginazione, all’attenzione verso i bisogni delle persone, ma, soprattutto, i due elementi su cui si concentra l’attenzione degli analisti sono l’empatia e l’intelligenza emotiva.
La capacità di empatia è un elemento di grande importanza nella gestione di un team di lavoro in quanto sapere riconoscere le necessità dei singoli collaboratori e del gruppo aiuta ad attivare le giuste leve motivazionali.
Ma possedere intelligenza emotiva implica innanzitutto la capacità di riconoscere i propri sentimenti, e per tale via sviluppare la capacità di intercettare quelli altrui, creando le condizioni per gestire in modo efficace le emozioni sul luogo di lavoro.
L’intelligenza emotiva si fonda infatti su due tipi di competenze, una personale e una relazionale, dove la prima costituisce l’indispensabile presupposto della seconda: alla base della competenza personale sta la consapevolezza e la padronanza di sé, oltre che la motivazione; mentre a fondamento della competenza sociale troviamo l’empatia e le abilità nelle relazioni interpersonali, viatici discriminanti nella creazione di un buon clima organizzativo.
Il decisivo aspetto dell’empatia
La presenza e lo sviluppo dell’empatia rappresenta quindi un tema centrale. Il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti definisce l’empatia come “la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo”.
L’essenza dell’empatia sta nel cogliere quello che gli altri provano, a prescindere dal fatto che lo esprimano verbalmente. In effetti è raro che gli altri ci dicano esplicitamente che cosa provano; piuttosto ce lo comunicano con il tono di voce, l’espressione del volto, o in altri modi non verbali.
Ma, appunto, l’abilità di captare queste comunicazioni impercettibili si fonda innanzitutto sulla consapevolezza di sé e sull’autocontrollo: se non siamo capaci di percepire i nostri sentimenti o di impedire che essi ci sommergano, non avremo alcuna speranza di entrare in contatto con gli stati d’animo degli altri.
Coopservice insieme a Valore D per percorsi di ‘crescita al femminile’
Empatia ed intelligenza emotiva, dunque, quali principali elementi che contraddistinguono una ‘leadership al femminile’ e che costituiscono il fondamento sul quale sviluppare all’interno delle organizzazioni strategie di valorizzazione della diversità e di promozione dell’inclusione.
Proprio quello che si propone di fare Valore D, il primo network italiano di imprese (ad oggi 270) nato per promuovere l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva nelle organizzazioni e nel nostro Paese.
Insieme al Politecnico di Milano il network ha sviluppato un indice, l’Inclusion Impact Index, che consente alle aziende di verificare concretamente l’attuazione degli impegni programmatici sottoscritti con il Manifesto per l’occupazione femminile di Valore D.
In pratica permette alle aziende socie di mappare le proprie politiche di diversità e inclusione e di misurarne l’efficacia. I primi risultati stanno arrivando.
In una recente audizione al Senato la presidente di Valore D, Paola Mascaro, ha affermato che "la parità di genere nelle aziende sta accelerando".
Una evoluzione culturale paradossalmente favorita anche dalla pandemia, poiché la necessità di rapida ripresa ha reso più evidente l’urgenza di fare della diversità e dell’inclusione un fattore di sviluppo.
Coopservice ha raccolto la sfida e ha progettato una serie di percorsi formativi (Diversity Value - La leadership al femminile, Young women empowerment) destinati alle lavoratrici e pensati per offrire loro gli strumenti necessari alla valorizzazione delle proprie competenze e delle proprie capacità in una logica di empowerment.