06.03.2023
Relazioni
“Ascolto e buon clima aziendale sono i migliori alleati per una transizione digitale inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti”
Dopo avere portato a Sanremo la voce delle donne iraniane, l’attivista e senior consultant Pegah Moshir Pour è stata ospite di Coopservice in una giornata di dialogo sul rapporto tra transizione tecnologica e promozione dei diritti delle persone

“Ho fatto conoscenza presto con gli stereotipi. A 9 anni una delle domande più frequenti che mi venivano fatte era: ma quanti cammelli avevi in Iran?” Pegah Moshir Pour è diventata nota al grande pubblico con il monologo sulla lotta delle donne iraniane per i diritti e le libertà negate, portato sul palcoscenico del festival di Sanremo in connubio con Drusilla Foer. Attivista dei diritti umani e digitali, consulente in Ernst & Young, Pegah è stata ospite di Coopservice lo scorso 27 febbraio. Accolta dal presidente Roberto Olivi e dal management aziendale nella sede centrale di Reggio Emilia, con numerosissimi dipendenti collegati in diretta web, ha dialogato e risposto a domande sui diritti umani e sulle tematiche centrali nella filosofia aziendale di Coopservice, quali le politiche di inclusione e valorizzazione delle diversità e i percorsi di transizione digitale.

I pericoli della digitalizzazione

Innovazione e digitalizzazione sono i due pilastri qualitativi del piano industriale di Coopservice, in quanto nella nostra visione rappresentano importanti opportunità per migliorare il benessere sociale e la vita delle persone. Ma, dal tuo punto di vista, esistono rischi seri che possono minacciare i diritti individuali e lo sviluppo di società inclusive e aperte?
“Sì, il pericolo esiste. Va premesso che noi siamo fortunati a vivere in contesti molto avanzati: l’Unione Europea è all’avanguardia nelle politiche di protezione dei dati e dei diritti delle persone, mentre le cose purtroppo vanno diversamente in gran parte del resto del mondo. In ogni caso i problemi sono presenti anche per i più fortunati. Basta ricordarsi che le tecnologie e le piattaforme digitali che noi tutti ormai utilizziamo, e sui quali riversiamo enormi quantità di dati personali, sono di proprietà privata. È facile dunque capire come il trattamento e la finalizzazione di queste enormi banche dati possa essere fonte di pericoli, perché dipende dall’uso che ne viene fatto. Rimane il fatto che la digitalizzazione è un’enorme opportunità di innovazione e un’azienda attenta al benessere sociale non può che coglierla”.

Immagine: “Ascolto e buon clima aziendale sono i migliori alleati per una transizione digitale inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti”

Pegah Moshir Pour con il Presidente di Coopservice Roberto Olivi

L’importanza di una leadership improntata all’ascolto

La nostra cooperativa ha più di 17.000 dipendenti e il 60% sono donne. Circa il 20% sono persone nate fuori dall’Italia e provengono da 105 paesi del mondo. Un caleidoscopio di culture, una diversità che rappresenta una ricchezza ma anche una sfida. Nel progettare un percorso di transizione digitale, quali sono gli elementi fondamentali che un’azienda deve tenere in considerazione per non lasciare indietro nessuno?
“Ritengo che assuma una importanza decisiva l’adozione di uno stile di leadership aziendale aperto e votato all’inclusività. La progettazione e l’attuazione del cambiamento può infatti incontrare resistenze se non c’è il necessario coinvolgimento dei dipendenti. Da qui l’importanza di un ambiente di lavoro confortevole e accogliente, essendo tra l’altro dimostrato che il benessere degli operatori aiuta la produttività. Il presupposto necessario non è però soltanto la presenza di una leadership disponibile a mettersi in gioco. Voglio dire che a fronte della disponibilità all’ascolto attestata dalla dirigenza occorre che i lavoratori abbiano non solo la possibilità ma anche la volontà di esprimersi, di parlare e farsi capire. Tutti elementi che trovano terreno favorevole se c’è un buon clima aziendale”.

La tecnologia soccorre le politiche di inclusione: le tecniche interattive di ascolto

Questa tua considerazione pone una questione: come si inserisce un proposito ‘analogico’ come la disponibilità all’ascolto nell’ambito di un progetto di transizione al digitale? In quali forme si concretizza?
“Senza l’ascolto non ci può essere una efficace progettualità. Le resistenze all’innovazione, le diffidenze, i pregiudizi possono essere superati facendo ricorso a tecniche di coinvolgimento del personale che attualizzano gli insegnamenti tramandati da una componente storica dell’imprenditoria italiana, di cui Adriano Olivetti è stato l’esponente più noto. Ciò si può fare portando casi di studio e best practices ma anche ricorrendo alle stesse tecnologie digitali, le quali forniscono oggi nuove opportunità di azione. Ad esempio, l’interattività generata all’interno delle aziende dall’utilizzo di tecniche di gaming, con l’organizzazione di piccoli momenti ludici, può favorire comportamenti ‘attivi’ e aiutare a superare le resistenze naturali al cambiamento”.

Potenzialità e fattori critici dell’AI: innovazione epocale versus manipolazione  

L’evoluzione tecnologica e informatica è in continua, prepotente accelerazione. L’intelligenza artificiale è ormai una realtà anche a supporto di compiti vitali. Come possiamo essere sicuri che questo sviluppo risponda a codici etici di condotta per evitare che evoluzioni non controllate della tecnologia possano, anche indirettamente o involontariamente, nuocere all’uomo o all’ambiente?
“È fondamentale la volontà politica di produrre regole trasparenti per tenere sotto controllo il corretto utilizzo dei big data così come la corretta applicazione dell’intelligenza artificiale. Va ricordato, a questo proposito, che i diritti digitali rientrano nell’ambito della tutela dei diritti umani. Ciò detto è evidente che l’evoluzione della tecnologia è inarrestabile e oggi iniziamo a toccare con mano le enormi potenzialità dello sviluppo delle applicazioni di intelligenza artificiale. Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli che l’uso incontrollato dell’AI può produrre disastri e, comunque, essere fortemente problematico. Pensiamo ad esempio alle discriminazioni verificatesi in molte aziende dove gli algoritmi governano la ricerca e la selezione del personale. Diversi casi sono stati denunciati. Rimane il fatto però che le macchine lavorano con i dati e gli strumenti vengono forniti dalla componente umana. E qui sta il fattore critico, che spiega il potere enorme detenuto da chi controlla i big data e gli algoritmi di calcolo. Fino alla constatazione di come in certi contesti autocratici, è il caso dell’Iran ma anche della Cina, il controllo governativo ha generato pratiche di manipolazione e autoritarismo digitale”.

Immagine: “Ascolto e buon clima aziendale sono i migliori alleati per una transizione digitale inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti”

Una immagine dell'incontro nella sede Coopservice di Reggio Emilia

Un’azienda inclusiva può sostenere il cambiamento nei Paesi ‘discriminanti’

Tra pochi giorni celebreremo l’8 marzo. Come valuti la situazione in Italia rispetto ad aspetti quali la gender equality, l’inclusion&diversity e l’empowerment femminile? E qual è oggi lo stato delle cose in Iran?
“In Italia ci sono stati passi avanti in questi anni e la connotazione marcatamente femminile e plurinazionale di un’azienda come la vostra ne è una dimostrazione. Certo molto si può e si deve ancora fare. Ad esempio, aprendosi maggiormente ai curriculum prevenienti da altre nazionalità. O istituendo delle borse di studio per ragazze e ragazzi che provengono da aree territoriali dove è di fatto precluso il diritto alla realizzazione professionale. Per questi Paesi ciò potrebbe costituire un potente motore di cambiamento. L’Iran e l’Afghanistan sono casi esemplari. In Iran i diritti delle donne sono stati negati dal regime fin dal suo avvento, nel 1979: è stato tolto il diritto all’aborto così come il diritto anche solo di cantare e di esprimere la propria femminilità. Privazioni che sono sempre state imposte con le minacce e il terrore. Ma dal settembre 2022 la paura si è trasformata in coraggio di manifestare, anche se in realtà le donne iraniane non si sono mai arrese e non è mai venuta meno la volontà di progredire, di realizzarsi, di costruirsi liberamente una vita. Le donne iraniane rappresentano del resto un potenziale interessantissimo di capacità e talento, tant’è vero che oggi il 97% delle ragazze è alfabetizzato e il 60% laureato in aree disciplinari STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Perché allora non attivarsi per favorire la spendibilità dei loro curriculum nelle nostre aziende?”.

Lo smartphone quale ‘arma’ di libertà nell’era dell’interattività digitale

Intanto però la situazione in Iran sembra continuamente peggiorare: abbiamo letto oggi la notizia di decine di bambine e ragazze che sarebbero state avvelenate per impedire loro di frequentare le scuole. Noi in Occidente possiamo produrre gesti simbolici di solidarietà, quali il taglio di una ciocca di capelli. Ma che cosa arriva concretamente dei nostri gesti? Serve a qualcosa?
“Il rischio che anche i gesti simbolici alla lunga finiscano per essere ridotti a semplici hashtag da replicare sui social esiste. È comunque sempre importante fare qualcosa. Consideriamo che l’unica arma che dispongono le ragazze e le donne iraniane è lo smartphone con cui confezionano video di denuncia messi in circolo sui social media. Pur con tutti i controlli e le restrizioni delle autorità il flusso delle comunicazioni digitali non si ferma. E la proprietà privata delle piattaforme e dei canali digitali in contesti simili può essere un fattore favorevole perché, sfuggendo al completo controllo dei regimi autocratici, di fatto rende difficili le interferenze oscurantistiche”. 

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