Il potere delle parole
Le parole sono importanti, hanno un enorme potere. Perché muovono le emozioni prima ancora della ragione. Commuovono, uniscono, scaldano il cuore. Oppure feriscono, offendono, allontanano. Le parole determinano le relazioni che si costruiscono intorno a noi. Investire sulle parole o, meglio, sull’attenzione alle parole che si utilizzano, può rappresentare un importante contributo per migliorare l’ambiente in cui lavoriamo e più in generale la nostra condizione di vita, oltre che un non trascurabile mattoncino per la realizzazione di un mondo migliore.
Un Manifesto di princìpi per un’azienda accogliente
Ecco perché Coopservice ha deciso di firmare i 10 princìpi del Manifesto per la Comunicazione non Ostile che, nato dalla Rete per la Rete, costituisce un tentativo di orientare l’adozione di un linguaggio e modalità comunicative improntate all’ascolto, all’empatia, all’inclusività, al coinvolgimento. Un approccio moderato e rispettoso delle opinioni altrui, da utilizzare in Rete e nelle relazioni di ogni giorno favorendo peraltro, nel caso delle aziende, un dialogo trasparente e sincero con i dipendenti e l’universo degli stakeholder.
Un’azienda inclusiva pratica l’empatia
Le parole sono un ponte, afferma il principio n.5. È fondamentale trovare le parole giuste per creare un terreno comune e costruire relazioni di valore. Ma le parole giuste richiedono un approccio empatico, il che significa porsi in condizione di conoscere e riconoscere ragioni e interessi degli interlocutori, per capire il loro punto di vista e rendersi disponibili a cambiare il proprio: solo ascoltando gli altri, colleghi partner o clienti, è possibile costruire un progetto vincente per tutti.
Le parole che uso mi descrivono
L’importanza delle parole, dunque. E dell’ascolto. Nel rispetto delle persone, della loro diversità e multiculturalità. Una rilevanza crescente nell’universo iperconnesso in cui siamo immersi, perché, oltre che nella vita reale, è anche soprattutto la nostra dimensione web e social che prende forma dalle parole e dalle modalità comunicative cui facciamo ricorso. Sempre ammesso che abbia ancora un significato la distinzione tra il virtuale e il reale nelle società contemporanee.
Le sempre più labili barriere tra virtuale e reale
Se dai baby boomers fino ai millenials persiste infatti una concezione della Rete e del web come un mondo distinto dalla realtà, per le nuove generazioni native digitali esso costituisce un contesto in cui crescere ed esprimere la propria personalità, un’area intermedia tra pensato ed agito, un vero e proprio ambiente naturale in grado di concretizzare visivamente idee, azioni, immagini e pensieri. Fino ad oltrepassare le barriere tra fisico e virtuale, delineando di fatto una nuova normalità.
Il linguaggio ostile non mi appartiene
Il risultato è il progressivo sedimentarsi di una dimensione ‘sovrapposta’ dell’esistenza all’interno della quale assume, appunto, un valore, se possibile ancora maggiore, l’utilizzo di parole ospitali ed il ricorso ad una comunicazione non ostile. Perché non c’è dubbio che l’hate speech è diventato un elemento distintivo del web. E dei social, in particolar modo, dove domina un linguaggio aggressivo e provocatorio, un modo di interagire che sfocia sovente nell’insulto, nella discriminazione e nell’incitamento al razzismo. Perché, prima ancora delle parole sbagliate, esiste un uso sbagliato delle parole. Ed è facile del resto, aggirandosi tra tweet, post, status e stories, verificare come troppo spesso sulla Rete l’aggressività la faccia da padrona.
Una community contro la violenza delle parole
Così, a fronte dei discorsi improntati all’odio dei leoni da tastiera, abbiamo ormai tutti sperimentato la difficoltà nel decidere se, come e con quali toni rispondere ad offese e provocazioni. Ecco allora che già dal 2016 è nata l’idea di condividere una carta di 10 ‘princìpi’ utili ad orientare lo stile ed il comportamento di chi sta in Rete. Un Manifesto della Comunicazione Non Ostile promosso dall’associazione Parole O_Stili e che ha generato una community contro la violenza delle parole inizialmente composta da oltre 300 persone, tra giornalisti, politici, manager, professori ed esperti di comunicazione, a cui in seguito si sono aggiunti insegnanti, studenti, aziende, imprenditori, professionisti.
Il virtuale è reale
Il Manifesto è nato dunque in Rete per la Rete. I suoi 10 princìpi costituiscono un impegno di responsabilità condivisa, intendendo favorire comportamenti rispettosi e civili e ponendosi l’obiettivo di fare evolvere la Rete in un luogo accogliente e sicuro per tutti. Perché, se è vero che i social media sono comunque luoghi virtuali, è altrettanto vero che le persone che vi si incontrano sono reali e, soprattutto, che le conseguenze sono reali. E se le parole possono essere pietre, queste pietre rischiano di fare molto male, producendo danni a volte irreversibili.
La qualità della comunicazione è decisiva per la corporate reputation
I 10 principi, sempre gli stessi, vengono oggi declinati specificamente per ciascuno degli 8 ambiti di applicazione (aziende, scuola, infanzia, inclusione, sport, politica, pubblica amministrazione, scienza). Con una importante chiosa per le aziende aderenti: si è ciò che si comunica, poiché il linguaggio ne rispecchia i valori, l’identità, il purpose. Per questo è importante curare la qualità della comunicazione allo stesso modo di come si pone attenzione alla qualità della produzione: le parole utilizzate e condivise in Rete rappresentano l’azienda e concorrono in modo decisivo alla corporate reputation.
La firma del Manifesto in Coopservice
Giovedì 13 luglio alle 15 nella Sala CDA della sede centrale di Reggio Emilia, il Presidente Roberto Olivi e Rosy Russo, Presidente Parole O_stili, firmeranno il Manifesto della Comunicazione non Ostile per le aziende, alla presenza dei dipendenti che saranno fisicamente in sede e in collegamento da remoto dalle sedi periferiche.
Per Coopservice la firma del Manifesto equivale ad un impegno per promuovere all’interno e all'esterno dell’azienda un dialogo trasparente e sincero tra le persone e in ogni luogo in cui avviene lo scambio, il confronto e la comunicazione, sia esso offline o online.
Un piccolo gesto simbolico dal forte significato: dire no alla violenza delle parole e sì ad una comunicazione corretta, rispettosa ed inclusiva.