22.04.2021
Ambiente
Recuperiamo il nostro Pianeta, prima che sia davvero troppo tardi
Restore our Earth è il tema della Giornata della Madre Terra 2021

Un Rapporto sul clima definito “spaventoso”

Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo”. Il famoso anatema di Greta Thurnberg ha trovato conferma in questi giorni nientemeno che nelle parole di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. Presentando il Rapporto sullo stato globale del clima nel 2020 predisposto dal World Meteorological Organization, Guterres ha utilizzato le seguenti parole: “This is a frightening report” (“Questo è un rapporto spaventoso”).
Un giudizio che risuona fragoroso nei giorni dell’International Mother Earth Day, che il 22 aprile, da 51 anni, porta all’attenzione della opinione pubblica mondiale l’esigenza di protezione del nostro Pianeta minacciato dalla sempre più critica emergenza ecologica.

Una catena di disastri climatici oscurata dal Covid-19

Che cos’è successo di così grave nel 2020 da generare un giudizio così ‘politically unusual’? Che l’unico Pianeta di cui disponiamo non se la passi benissimo è da tempo noto anche ai più refrattari. Ma il punto è che l’anno che passerà alla storia per l’avvento della pandemia da Sars Cov-2 ha collezionato una sequenza assai preoccupante di eventi meteorologici estremi e disastri climatici. La cui importanza e gravità è passata decisamente in secondo piano, di fatto oscurata dall’emergenza sanitaria in corso. “Siamo sull’orlo dell’abisso”, ha scandito Guterres.

E in effetti l’elenco dei peggioramenti fa impressione ed è interamente riconducibile agli impatti delle attività umane e di quel modello di sviluppo che l’Agenda 2030 dell’Onu si propone di ribaltare. Adottando su scala globale lo schema dell’economia circolare che, con il Circular Economy Action Plan, l’Unione Europea ha assunto quale linea guida per le proprie strategie di crescita sostenibile e lotta contro il climate change.

Il global warming continua

Ma i gas serra, proprio come i virus, non rispettano i confini nazionali. E per quanto l’Onu riconosca all’Unione Europea una leadership planetaria sui propositi e le pratiche di conversione ecologica, rimane il fatto che il mondo nel suo complesso sembra andare ostinatamente da un’altra parte. A partire dal dato peggiore, quello decisamente più preoccupante: nel 2020 l’aumento della temperatura media globale ha già raggiunto il +1,2°C rispetto all’epoca pre-industriale.
Avanti di questo passo e l’obiettivo sancito dall’Accordo di Parigi (Conferenza sul clima 2015), pena disastri biblici, di mantenere l’incremento entro il +1,5°C nel secolo in corso rimarrà una chimera. Del resto i segnali sono inconfutabili. I sei anni dal 2015 sono stati i più caldi mai registrati.

A giugno le temperature hanno raggiunto i 38 gradi a Verkhoyansk, Siberia orientale, la temperatura più alta registrata a nord del Circolo Polare Artico. E sempre nell’Artico, nel settembre scorso l’estensione minima annuale del ghiaccio marino è stata la seconda più bassa mai registrata, mentre la calotta glaciale della Groenlandia si è assottigliata di 152 miliardi di tonnellate. Anche la perdita di ghiaccio dell’Antartide è aumentata.

La prima conseguenza è che l’innalzamento del livello dei mari sta accelerando con le conseguenze disastrose che chiunque può immaginare.

La decarbonizzazione al contrario

Si tratta di fenomeni la cui gravità trova conferma nel peggioramento dei dati di inquinamento. Nell’anno dei lockdown planetari ci si era immaginati un mondo dove la fauna e la flora terrestre si erano presi almeno qualche mese di respiro. Purtroppo, a livello globale, niente di tutto questo.

Stando ai dati le emissioni di anidride carbonica, principale gas responsabile dell’effetto serra, sono ai massimi storici e la sua concentrazione nell’atmosfera è ad oggi cresciuta del 148% rispetto ai livelli preindustriali. Le cause sono arcinote e minano alla base la stabilità dell’equilibrio ecologico: l’uso dei combustibili fossili e le enormi quantità rilasciate dalle attività economiche dell’uomo contemporaneo (industria, agricoltura, allevamento, trasporti) fanno il paio con la deforestazione e la riduzione del plancton marino, compromettendo in tal modo la capacità naturale dell’ambiente di assorbire la CO2.

Il risultato di tutto questo non si limita ai fenomeni meteorologici estremi (aumento di uragani, tempeste, inondazioni) e alla avanzante desertificazione. Le conseguenze nel lungo periodo rischiano infatti purtroppo di essere ben peggiori se si considera che l’anidride carbonica resta in sospensione per almeno cento anni prima di ricadere al suolo. Ciò significa che, consentendo il continuo accumulo dei gas e con esso l’incremento della consistenza dell’effetto serra, molti aspetti del cambiamento climatico persisteranno per molti secoli anche se non vi fossero ulteriori emissioni, finendo così per determinare danni irreversibili all’equilibrio degli ecosistemi terrestri. 

Se si distrugge la biodiversità si uccide la vita

La minaccia degli ecosistemi introduce il tema della indispensabile tutela della biodiversità, intesa quale sconfinata varietà di piante, animali, funghi e microorganismi che caratterizzano il nostro Pianeta. Una molteplicità di specie e organismi che, in relazione tra loro, creano un equilibrio fondamentale per la vita sulla Terra.

L’abuso dello sfruttamento e del consumo delle risorse naturali insieme all’inquinamento e al cambiamento climatico stanno minando alla base questo patrimonio riducendo così la complessità (e quindi la ricchezza) degli ecosistemi. Solo per restare al mondo animale sul totale delle specie conosciute circa l’8% si è estinto e il 22% è a rischio di estinzione: un dato che è peggiorato di quasi il 10% negli ultimi 25 anni.  Una tendenza che ci ricorda che la biodiversità sta diminuendo più rapidamente che in qualsiasi altro momento della storia umana mettendo seriamente a rischio il cosiddetto ‘capitale naturale’, inteso quale intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che sono necessari per la persistenza delle condizioni di vita del genere umano.

Salviamo, e in fretta, la Madre Terra

Quello che dunque sta avvenendo è che l’umanità continua ad abusare del patrimonio ambientale. Saccheggiamo incautamente le risorse della Terra, minacciamo la flora e la fauna selvatica e trattiamo l’aria, la terra e i mari come discariche, conducendo gli ecosistemi e le catene alimentari sull’orlo del collasso. La strada è obbligata, anche se sempre più in salita: dobbiamo porre fine alla nostra guerra contro la natura e riportarla di nuovo in salute. Ecco perché il tema scelto per l’Earth Day 2021 è Restore our Earth, liberamente traducibile in “rimediamo, e in fretta, ai guai che abbiamo già combinato”.

Quest’anno sono previste miriadi di iniziative in tutto il mondo che viaggeranno sul doppio binario virtuale e fisico, ovviamente in base alle diverse restrizioni sanitarie adottate da ciascun Paese. Sul sito dell’Earth Day una mappa geolocalizza le varie iniziative mondiali, alle quali si sommano incontri e tavole rotonde virtuali.

Nel nostro Paese al grido di #OnePeopleOnePlanet RaiPlay ha pianificato una maratona multimediale di 13 ore, con collegamenti con le reti televisive e le radio dell’emittente pubblica.

La partnership di Coopservice con Wami per la solidarietà ambientale

L’enorme mobilitazione di risorse prevista su scala planetaria per la ripartenza post Covid-19 dovrà essere, nei progetti delle Nazioni Unite, la concreta occasione per la transizione ecologica dei modelli di sviluppo, connotando i prossimi 10 anni quale decennio di trasformazione per un futuro più pulito e più sostenibile.

A fronte di questa sfida epocale, in occasione della Giornata Internazionale della Madre Terra, a tutte le componenti di ogni singola società viene ricordata l’esigenza di assicurare un contributo al ripristino della salute del nostro Pianeta. Il mondo economico e imprenditoriale è ovviamente in cima ai destinatari dell’appello, essendo chiamato promuovere in prima persona lo sviluppo sostenibile attraverso gli investimenti posti in essere, le soluzioni sviluppate, le pratiche adottate.

Da diversi anni Coopservice ha intrapreso un percorso di impegno per la ricerca, in ciascuna delle sue linee di business, di soluzioni tecniche ed organizzative in grado di rispondere ad alcune delle principali sfide della sostenibilità. 

In occasione dell’International Mother Earth Day 2021 l’azienda comunica di avere avviato una partnership con Wami, una B-Corp la cui missione è accrescere il valore delle azioni quotidiane.

Per ogni bottiglia di acqua venduta, Wami donerà l’equivalente di 100 litri di acqua potabile a famiglie che vivono in comunità di Paesi in via di sviluppo che, ancora oggi, non hanno accesso diretto alla risorsa. Un impegno concreto che ha già visto la realizzazione di progetti di approvvigionamento idrico in diverse parti del mondo, dal Senegal alla Tanzania, Kenya, Etiopia e Sri Lanka.
Il tutto con la garanzia della tracciabilità: inserendo il codice univoco apposto sulla bottiglia sul sito www.wa-mi.org ogni consumatore potrà conoscere la famiglia a cui ha donato quei 100 litri vitali.

Wami sarà il fornitore delle bottiglie (in vetro a rendere) di acqua minerale in uso alla sede centrale del Gruppo. In questo modo la fornitura interna agli uffici di Coopservice sarà strettamente connessa ad un progetto di solidarietà ambientale.

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Il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano ha rilasciato a Coopservice Soc.Coop.p.A. l’attestazione dell’acquisto di 300 Crediti di Sostenibilità della propria Riserva di Biosfera MAB Unesco, equivalenti a 300 tonnellate di CO2 la cui emissione è stata evitata o assorbita. Per Coopservice si tratta di un’azione in continuità con la certificazione ISO 14064-1 recentemente conseguita. I Crediti di Sostenibilità del Parco Nazionale vengono emessi grazie ai servizi ecosistemici assicurati da foreste certificate per una gestione sostenibile e responsabile.