La menopausa nelle politiche DEI
Perché un’azienda dovrebbe seriamente considerare l’impatto che la menopausa può avere sulle donne che vi lavorano, ponendola come parte integrante delle proprie politiche di ESG ed in particolare dei programmi di Diversity & Inclusion? La risposta è molto semplice e difficile da confutare: con l’allungamento dell’età pensionabile le donne lavoratrici over 50 permangono al lavoro per un numero superiore di anni, affrontando quindi per un tempo più lungo le conseguenze connesse alla menopausa. Attivare iniziative specifiche a sostegno di questa condizione contribuisce, pertanto, alla salute delle dipendenti e, più in generale, alla creazione di un ambiente di lavoro positivo e produttivo.
Affrontare la menopausa fa bene alle lavoratrici e agli ambienti di lavoro
Una necessità acuita dal fatto che la menopausa è un rimescolamento fisiologico che non si innesca in unico momento ma attraverso un percorso di transizione che può durare diversi mesi, spesso anni (si parla infatti anche di perimenopausa, il periodo che la precede). Determinando una condizione di lungo termine che porta con sé svariati disturbi che richiedono da una parte una buona capacità personale di gestione, dall’altra un certo livello di comprensione e aiuto da parte dell’ambiente circostante, a partire dal luogo di lavoro. Perché per le donne lavoratrici non si tratta soltanto di convivere con sintomi debilitanti che conducono a difficoltà di concentrazione, calo di motivazione, ansia, stanchezza cronica, ma anche di fronteggiare una situazione di forte stress dovuto alla pressione psicologica di non riuscire ad essere produttive come prima.
Uno sconvolgimento che si abbatte su donne nel pieno della maturità professionale
Pensiamoci. Una donna a 50 anni può avere maturato 25-30 anni di esperienza professionale. È al massimo delle potenzialità e delle competenze acquisite, sul fronte sia della specifica area di lavoro, sia della capacità di gestire situazioni complesse e di rapportarsi in modo costruttivo con collaboratori, dipendenti e superiori, nonché col contesto familiare e sociale. Ha imparato a valorizzare intuizione, visione, intelligenza emotiva e cognitiva, energia vitale, talenti fisici e mentali, e a maturare nel tempo un ragionevole governo dei propri limiti. In questa luminosa stagione, la menopausa può irrompere come un ciclone che colpisce il suo corpo, la sua energia vitale, la sua lucidità mentale e la sua qualità di vita, con contraccolpi potenzialmente pesanti anche sul suo livello di performance professionale.
Quando il corpo entra in una “guerriglia biologica che coinvolge tutti gli organi”
“Che sia impiegata o funzionaria, insegnante o infermiera, poliziotta o CEO – afferma Alessandra Graziottin, Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica dell’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano - tutto il suo corpo entra in una guerriglia biologica cellulare scatenata dall’infiammazione e dallo stress accesi dalla perdita degli ormoni per lei più preziosi. Una guerriglia che coinvolge tutti gli organi, col cervello in prima linea”. La perdita di ormoni sessuali dovuta all’esaurimento delle ovaie, oltre all’esaurimento del ciclo mestruale, comporta infatti la comparsa di sintomi con cui il corpo urla il suo bisogno di riavere gli ormoni perduti.
La difficoltà di sostenere i numerosi sintomi debilitanti
Sintomi che variano da persona a persona, ma che per qualcuna possono essere molto debilitanti: palpitazioni, vampate di calore, tachicardia, sbalzi di pressione, sudorazione estrema, mal di testa, vertigini. Una tempesta biologica dagli effetti assolutamente soggettivi ma che, in situazioni limite, può condurre anche a decisioni drastiche: il 10% delle donne europee lascia il lavoro a causa della menopausa, perché provate dalla difficoltà di conciliare produttività e salute (fisica e mentale) o perché pericolosamente instradate verso la depressione.
Tutti i costi della menopausa
E anche chi non lascia del tutto la propria mansione, è spesso costretta a prendere giorni di malattia, permessi non retribuiti, ridurre gli orari o declinare opportunità professionali. Rinunce che incidono sulle attività aziendale e che ovviamente hanno anche un impatto finanziario che una ricerca condotta dalla Mayo Clinic Center for Women’s Health ha stimato aggirarsi, solo per gli Stati Uniti, intorno agli 1,8 miliardi di dollari di perdita annuale. Ciò spiega come, in corrispondenza con la sempre maggiore consapevolezza delle esigenze femminili e il progressivo superamento del tabù del ciclo mestruale (non va dimenticato che ad ogni 18 ottobre viene celebrata la Giornata Mondiale della Menopausa), un numero sempre maggiore di organizzazioni stia iniziando a progettare ambienti di lavoro ‘menopause-friendly’.
Perché diventare ‘menopause-friendly’ conviene alle aziende
Così alcune aziende ‘illuminate’ hanno introdotto dei benefit dedicati alle donne in menopausa, quali, ad esempio, supporto medico e psicologico, coperture sanitarie integrate o piani di benessere psico-fisico con corsi di yoga e mindfulness. Secondo la Menopause Society, organizzazione che si occupa di salute femminile attraverso ricerche e consulenze, non basta però offrire benefit e congedi: per rendere davvero i luoghi di lavoro 'menopause-friendly' è consigliabile l’adozione di una serie di suggerimenti pratici e di politiche aziendali che incidano direttamente sugli ambienti di lavoro parametrandoli alle esigenze di chi vive questa fase della vita tanto naturale quanto ricca di complicazioni.
Le proposte del modello ‘Making Menopause Work
A questo scopo la stessa organizzazione ha varato un programma, denominato ‘Making Menopause Work’, che fornisce ai datori di lavoro e ai manager sia soluzioni pratiche legate alle necessità quotidiane che modalità organizzative pensate per intercettare i bisogni e le sensibilità delle dipendenti. Nella prima tipologia rientrano interventi quali: raffrescamento degli ambienti, servizi igienici ben attrezzati in prossimità delle postazioni, flessibilità sul dress code promuovendo l’uso di tessuti naturali e traspiranti. Sono soluzioni organizzative invece orari e pause flessibili, nonché la possibilità di lavorare da remoto.
Superare definitivamente i tabù sulle tematiche mestruali
Interessante è anche il suggerimento della Menopause Society di favorire il superamento dei tabù cercando di ‘normalizzare’ la conversazione sulla menopausa, ad esempio informando tutti i dipendenti dell’adesione ad un programma dedicato alla salute femminile. Così come nella stessa direzione vanno anche specifiche iniziative e comunicazioni rispetto alla tematica delle mestruazioni, prendendo parimenti atto della sua incidenza sul benessere fisico e psicologico. Una visione che sta portando alcune aziende ad offrire il cosiddetto ‘menstrual leave’, ovvero la possibilità di assentarsi per giusta causa durante quei giorni, nonché producendo iniziative legislative (ultima in ordine di tempo la Spagna) che introducono la possibilità del congedo mestruale.
I risultati di una ricerca europea su 4.000 lavoratori
Per capire meglio la percezione e l’impatto della menopausa e dei suoi sintomi sui luoghi di lavoro – così da fornire una prima contestualizzazione delle proposte avanzate - può essere interessante analizzare i risultati della ricerca ‘Menopausa e andropausa sul lavoro’ promossa nel 2024 dal brand Intimina su un campione di 4.020 persone in età lavorativa in UK, Spagna, Italia e Francia. Come primo dato emerge sia la diffusione della condizione, l’81% delle donne intervistate dice di avere sperimentato i sintomi associati alla menopausa, che la rilevanza della sua incidenza: il 44% segnala un impatto negativo sulla vita domestica e lavorativa, tanto che il 24% è costretto ad assentarsi periodicamente dal lavoro, mentre quasi il 70% ha avvertito la necessità di discutere dei sintomi con i colleghi.
La menopausa genera paura e insicurezze
Con quali esiti i sintomi vengono gestiti sul lavoro? Secondo il sondaggio, il supporto e la comprensione risultano carenti: solo il 43% delle donne ritiene di incontrare il supporto di colleghi e manager, il 33% non riscontra alcun sostegno e il rimanente 24% invoca possibili miglioramenti. La condizione, poi, genera timore e insicurezza: il 40% delle intervistate teme che le proprie capacità professionali siano messi in discussione a causa della menopausa e il 33% ritiene che prendersi congedi e pause per la gestione dei sintomi porti a scetticismo o giudizi negativi da parte dei colleghi. Per questo, se la metà ha ritenuto opportuno consultare un medico per farsi aiutare, una percentuale ancora maggiore (57%) è convinta dell’utilità di programmi e iniziative di educazione alla menopausa sul luogo di lavoro.
Il problema visto dal lato maschile
E gli uomini? Il primo dato che emerge dalla ricerca è il buon grado di riconoscimento del problema, in quanto almeno la metà degli intervistati riferisce di essere entrato in contatto con i sintomi sul posto di lavoro. Allo stesso modo l’80% riconosce la necessità che le donne in menopausa si prendano del tempo libero per gestirla, soprattutto se i sintomi appaiono debilitanti. Diverso è invece il quadro riferito alla conoscenza/percezione/interpretazione del fenomeno: il 56% la identifica come un cambiamento ormonale, il 47% come la mancanza dei cicli mestruali, il 30 la associa alla incapacità di avere figli, il 21 come stato di animo irrazionale ed emotivo o, nella stessa percentuale, addirittura come un cambiamento nella libido.
Gli uomini che riconoscono il problema ma…. sono divisi sulla sua comprensione
Ciò porta ad una certa pluralità negli approcci maschili alla questione. Se un po’ meno della metà (più alta però per gli italiani, 57%) degli intervistati si sente a proprio agio a discutere di menopausa o mestruazioni, altrettanti (ma ‘solo’ il 33% di italiani) esprimono il desiderio di ottenere maggiori informazioni sul tema dai datori di lavoro per supportare al meglio le colleghe. Così in ordine a come porsi concretamente nei confronti delle colleghe in menopausa, la maggioranza indica pazienza e sostegno (52%), il 38% avrebbe bisogno di sapere come essere di aiuto, il 17 è intenzionato a documentarsi in proprio, mentre il rimanente 10% considera la condizione invalidante: la collega è giudicata un membro poco capace del team.
Non solo menopausa ma anche andropausa
A differenza della menopausa, l'andropausa non interessa tutti gli uomini e non è sempre sintomatica. Tuttavia, anche gli uomini possono sperimentare le conseguenze del calo fisiologico e graduale degli ormoni sessuali maschili a partire dai 45-50 anni di età. Tra i possibili sintomi: cambiamenti di umore (senso di stanchezza, scarsa concentrazione, depressione), disfunzioni del sistema cardiocircolatorio e nervoso (insonnia, aumento della sudorazione) e cambiamenti fisici (aumento di peso, riduzione della massa muscolare). Tutti effetti che possono in qualche modo incidere sulla qualità della vita della persona e, di conseguenza, sulle sue relazioni personali e professionali, esattamente come accade per le donne in menopausa.
Cosa possono fare le aziende?
Innanzitutto, riconoscere la condizione e monitorare i bisogni della forza lavoro over 50, sia femminile sia maschile. Menopausa e andropausa non devono essere considerati dei tabù e nemmeno sottovalutati, proprio in considerazione del progressivo innalzamento dell’età pensionabile che determina un incremento significativo delle donne e degli uomini che restano al lavoro ben oltre i 60 anni. In secondo luogo, le aziende sono chiamate ad attivarsi per offrire iniziative di welfare e benessere organizzativo diversificate in relazione all’età. Ne sono un esempio le campagne di prevenzione oncologica e cardiologica offerti dai Fondi Sanitari Integrativi, che dopo i 50 anni, prevedono controlli medici specifici e mirati. Ma non bisogna limitarsi solo all’aspetto sanitario. Occorre, anche e soprattutto, promuovere una maggiore consapevolezza del fenomeno nell’ambiente di lavoro e sviluppare programmi per fornire supporto emotivo e psicologico alle persone che ne hanno bisogno.