Come spendere i fondi per la ripartenza post-Covid: a cosa serve il PNRR
La notizia è di qualche giorno fa. In una conferenza stampa tenuta a Roma insieme al Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Commissione ha approvato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il documento con cui il Governo italiano ha spiegato come intende spendere i finanziamenti europei del cosiddetto Recovery Fund, il principale strumento comunitario per innescare la ripresa economica dopo la pandemia da coronavirus.
L’Italia è il Paese che, in valori assoluti, beneficerà della quota più alta del Recovery Fund: 191,5 md di euro, di cui a questo punto, a seguito dell’annunciata approvazione, una prima tranche (13 per cento) dovrebbe già arrivare entro l’estate.
Districarsi tra le sigle: Next Generation EU e Recovery Fund
In realtà però i fondi disponibili per l’attuazione del PNRR vanno ben oltre e per orientarsi nel gran numero di cifre, grafici e percentuali è consigliabile districare preliminarmente il sovrapporsi di sigle e denominazioni, spesso attribuite in modo impreciso dai media.
La torta dei finanziamenti europei disponibili, complessivamente quotata a 750 miliardi di euro, è finalizzata all’attuazione di Next Generation EU (NGEU), il piano generale per la ripartenza post-Covid del Vecchio Continente.
Il grosso (90%) della disponibilità di NGEU è dato proprio dal fondo Recovery and Resilience Facility (RRF), comunemente noto come Recovery Fund, in italiano Dispositivo per la ripresa e la resilienza con la sua dotazione di 672,5 miliardi di euro ripartiti fra 360 miliardi di prestiti e 312,5 miliardi di sovvenzioni.
Si chiama così perché l’obiettivo è di stimolare investimenti che spingano alla ripresa (recovery) e riforme che aumentino la sostenibilità delle singole economie europee, rendendole più resilienti ai cambiamenti strutturali che incombono negli anni di ripresa dalla crisi del Covid (resiliency).
Poi c’è il restante 10% della disponibilità di NGEU distribuito nei fondi React-Eu (ad immediato sostegno delle economie, 47,5 miliardi), Orizzonte Europa (5 miliardi), Fondo InvestEu (5,6 miliardi), Sviluppo rurale (7,5 miliardi), il fondo per la transizione giusta (10,5 miliardi) e RescEu (1,5 miliardi).
La prima volta ‘in grande stile’ degli eurobond
Quale sarà dunque la disponibilità complessiva per il nostro Paese per l’attuazione del PNRR? Dei 191,5 miliardi del RRF destinati all’Italia, più di 122 si configurano quali prestiti e quasi 69 come finanziamenti a fondo perduto. A questi vanno aggiunti circa 13 miliardi che arrivano da React-Eu e oltre 30,6 miliardi provenienti invece da un fondo complementare nazionale, nel senso che è interamente finanziato con debito pubblico italiano.
Per un totale di qualcosa in più di 235 miliardi, da impiegare entro il 2026.
Non sfugga il riferimento alla ‘bandiera’ del debito, perché un’altra delle grandi novità del Recovery Fund è la fonte delle risorse. Sostanzialmente per la prima volta, (in realtà vi sono state altre emissioni precedenti, ma limitate nel tempo e di entità non paragonabile) i governi europei hanno infatti deciso di raccogliere i fondi sui mercati emettendo un debito pubblico europeo in comune, cioè garantito in solido da tutti i Paesi della UE.
Di tutto questo debito, il 30 per cento sarà costituito da green bonds, titoli emessi per finanziare progetti a impatto ambientale positivo. Le risorse raccolte verranno poi distribuite agli Stati membri in base a una serie di criteri, per esempio il crollo del Pil causato dalla crisi e i dati sulla disoccupazione degli ultimi anni. Il che spiega come si sia determinato il primato di risorse destinate al nostro Paese.
La grande scommessa di Next Gen Eu: un’Europa più verde, digitale e solidale
Che cosa contengono dunque le 268 pagine del PNRR? La spiegazione della strategia italiana e del modo in cui il nostro Paese si impegna a spendere gli oltre 235 miliardi complessivi nelle diverse missioni del piano.
Si chiamano infatti ‘missioni’ i 6 macro-temi che la Commissione Europea ha individuato come prioritari per il medio-lungo periodo e in cui ha imposto di suddividere i piani nazionali di investimento. Ed è il regolamento europeo che a febbraio 2021 ha istituito il Recovery Fund ad individuare queste aree strategiche (‘pilastri’) su cui poggia l’intero programma Next Generation EU e verso cui convogliare l’impiego delle risorse, individuando la via maestra dello sviluppo (sostenibile) nel rendere l’Europa più verde, più digitale, più resiliente, più coesa, più solidale e più attenta alle future generazioni.
Le 6 ‘missioni’ e le 4 riforme del PNRR
Coerentemente con i 6 ‘pilastri’ del NGEU il Piano italiano si articola dunque in altrettante ‘missioni’:
- M1: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura.
- M2: rivoluzione verde e transizione ecologica.
- M3: infrastrutture per una mobilità sostenibile.
- M4: istruzione e ricerca.
- M5: inclusione e coesione.
- M6: salute.
La distribuzione delle risorse del RRF per ‘Missione’ – Fonte: PNRR